Interviste

Noi mamme siamo filosofe! Avete dubbi?

Esercizi di meraviglia
Foto di @petuniaollister

Una professoressa di Filosofia, una mamma, una scrittrice: Vittoria Baruffaldi è tutto questo (anche non necessariamente in quest’ordine).
Nel suo blogLa filosofia secondo babyP” ha iniziato a raccontare, con profondità ma anche ironia, le giornate e gli stati d’animo delle mamme, dando loro un senso richiamando i filosofi della storia e le loro teorie.

Il suo linguaggio semplice ha avvicinato al suo mondo moltissime lettrici felici di rispolverare le nozioni filosofiche studiate a scuola o digiune del tutto della materia, accomunate da essere mamme e provare le stesse sensazioni.

Dal successo del blog è nato il libro “Esercizi di meraviglia – fare la mamma con filosofia, edito da Einaudi.
Ho letto il libro tutto d’un fiato e ho deciso di condividerlo con voi facendo alcune domande all’autrice.

Vittoria Baruffaldi mamme filosofia
Foto di Elena Datrino – Photostudio

Il filosofo è per eccellenza una persona che riflette, che a volte si estrania dal mondo e dalle sue finalità. Come si concilia questo ruolo con quello di mamma (soprattutto dei nostri giorni), sempre di corsa e alle prese con i problemi pratici della quotidianità di una famiglia?

Per me il filosofo è una persona che riflette perché sta dentro il mondo. È immerso nella vita, in maniera lucida e critica. Così funziona anche per le persone “normali” che possono scegliere se galleggiare sulla superficie delle cose o andare in profondità.
Una madre – una persona – che va in profondità si complica la vita, a suon di domande, dubbi e capovolgimenti. Ma come non farlo, come non seguire i propri figli nella loro scoperta del mondo?
Si impara a sbagliare, si capiscono delle cose; si diventa la madre che si sceglie di essere.

In un capitolo del tuo libro parli della “copertina di Maya”, facendo aderire la teoria del velo di Maya di Schopenhauer alla riflessione sulla “coperta” con cui le mamme si nascondono. Ci spieghi questa similitudine?

Schopenhauer sostiene il dualismo: da una parte, c’è il mondo come rappresentazione (come lo si conosce, come lo si deforma), dall’altra, c’è il mondo come volontà (il mondo com’è veramente, determinato dalla perversa volontà di vivere, che è causa della sofferenza cosmica). Il mondo della rappresentazione è un’illusione costruita per sopportare l’assurdità dell’esistenza e il «velo di Maya» è l’inganno con cui ricopriamo la realtà. Pochissimi, solo i filosofi, hanno il coraggio di scoprire la verità; gli altri continuano a sognare sotto il velo.
Così accade alle madri che conservano questa duplicità: una vita rappresentata (per sé, per gli altri) e un’essenza protetta da una copertina di pile: là sotto nascondono il disordine, gli avanzi, le lacrime. C’è però una persona capace di squarciare la copertina di pile, e quella persona è il proprio figlio.

Perché i bambini sono dei “piccoli filosofi”?

Perché sono capaci di meraviglia che è una forma di stupore, persino di sgomento, di fronte alla realtà. La realtà è complessa, contraddittoria, e lo sguardo meravigliato serve proprio a scendere in questa complessità. Vedono le cose, meglio, da ogni lato, e poi fanno domande sul loro significato.
Infatti i bambini ci parlano di felicità, amore, amicizia ma anche di morte, solitudine, noia. Si cammina insieme, la mano piccola dentro la mano grande, dentro la vita.

Quando hai iniziato ad avvicinare tua figlia al mondo della filosofia? Quali sono state le sue prime reazioni?

Mia figlia gioca, disegna e nuota senza braccioli: fa la bambina, insomma. Non l’ho avvicinata alla filosofia, è lei che mi ha riavvicinato alla filosofia, al mio personale modo di sentire la filosofia.
Io e mia figlia giochiamo con la filosofia, tutto qua. Ci poniamo delle domande, e proviamo a illuminare il senso del nostro rapporto, e delle cose che accadono intorno a noi. Lei si meraviglia di fronte al mondo, e io provo a re-imparare a meravigliarmi insieme a lei dando un nome nuovo alle cose, persino a me stessa.

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